God Save The Queen
Sex Pistols
Copertina di Jamie Reid
I Sex Pistols sono stati tra i protagonisti assoluti della rivoluzione punk britannica. Nati a Londra nel 1975 attorno alla figura del manager e provocatore Malcolm McLaren, la band — formata da Johnny Rotten, Steve Jones, Paul Cook e Sid Vicious (subentrato a Glen Matlock) — ha scardinato le regole del rock con un mix di aggressività sonora, attitudine nichilista e iconoclastia visiva. Il singolo God Save the Queen, pubblicato nel 1977 in coincidenza con il Giubileo d’argento della regina Elisabetta II, fu un attacco frontale all’establishment britannico. Bandito da radio e negozi, divenne subito un simbolo di rottura generazionale e culturale. La copertina, firmata da Jamie Reid, è uno dei manifesti visivi del punk. Un ritratto ufficiale della regina è sfigurato da un collage tipografico ispirato alle lettere ritagliate dei tabloid: occhi e bocca sono coperti dal nome della band e dal titolo del brano. Accanto alla bocca, una spilla da balia — simbolo ricorrente del punk — suggerisce censura, repressione e sfida al decoro. Non è infilata nella pelle, ma applicata come un sigillo: allusione visiva alla voce negata in una società ipocrita e autoritaria. Lo stile è crudo, provocatorio, deliberatamente amatoriale, in linea con l’estetica DIY delle fanzine e della cultura della ribellione. Più che una copertina, è un atto politico che sovverte un’icona del potere, trasformandola in oggetto di dissenso. La grafica fu giudicata oltraggiosa: alcune edizioni furono ritirate o distribuite senza copertina, aumentando la forza simbolica del disco. Nella versione statunitense del singolo, il retro include un estratto del testo, che suona come un’accusa esplosiva:
God save the Queen
a fascist regime
it made you a moron
a potential H-bomb
God save the Queen
she ain’t no human being
there is no future
in England’s dreaming…
Stampare queste parole su un prodotto commerciale in quegli anni era un gesto radicale. Non solo l’immagine, ma anche il linguaggio diventa strumento di sovversione, di rottura, di denuncia. Con questa copertina, Jamie Reid ha trasformato un singolo musicale in un’opera d’arte visiva, capace di attraversare i decenni senza perdere potenza. È oggi esposta in musei e collezioni, e ancora studiata come esempio di graphic design politico. Insieme alla musica dei Sex Pistols, ha contribuito a ridefinire il modo in cui il rock può parlare, protestare e… disturbare.
